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Amato e odiato, celebrato e vilipeso, emulato e disprezzato: il susseguirsi e il sovrapporsi di opposti atteggiamenti testimoniano l'esistenza di diversi Garibaldi: c'è un Garibaldi "di destra" e un Garibaldi "di sinistra", un Garibaldi "nazional-fascista" e un Garibaldi "brigatista ante litteram". Gli è accaduto nel bicentenario della sua nascita, e gli accade di nuovo con le celebrazioni dell'Unità d'Italia: divenire strumento di diverse e perfino opposte politiche della memoria. Ecco perché uno dei suoi più autorevoli e attenti studiosi prova oggi a rileggere la vicenda di Garibaldi alla luce del nostro contraddittorio e conflittuale presente, e delle diatribe più o meno fondate o pretestuose riguardo al senso delle celebrazioni appena cominciate. Il Garibaldi di Isnenghi, dunque, è innanzitutto il fondatore dello Stato, capace di accettare pro tempore che lo Stato sia monarchico pur non nascondendo di preferirlo repubblicano. E cento anni dopo, nel 1946, l'Assemblea costituente repubblicana segna la vittoria di Mazzini e di Garibaldi. In secondo luogo, Garibaldi è il fondatore dello Stato con la partecipazione attiva e critica dei cittadini non più sudditi, che si mobilitano e che fanno politica. Garibaldi è infatti un grande internazionalista libertario. Ecco uno dei tanti lati in ombra che Isnenghi sottopone in queste pagine al dibattito odierno sull'Unità: la portata internazionale e internazionalista di Garibaldi.